Centro Psicoanalitico dello Stretto Francesco Siracusano
È una scoperta il nuovo libro di Donatella Lisciotto, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, socia della Società Italiana di Psicoanalisi della Coppia e della Famiglia e segretario scientifico del Centro Psicoanalitico dello Stretto.
Il libro, come dice il suo titolo, si divide in una parte dedicata alla pandemia e in un’altra dedicata alla guerra e anche agli eventi sociali che oggi caratterizzano la nostra società, ma il metodo delle libere associazioni, che Donatella mostra evidente all’opera, consente di dare a questa pubblicazione una grande unitarietà: entriamo nella mente dell’autrice e attraverso quest’operazione comprendiamo il reale.
In questi due anni di pandemia siamo stati bombardati da pubblicazioni su questo tema, ma in questo piccolo, ma prezioso volumetto possiamo scoprire nuovi aspetti ancora non elaborati, delle esperienze che abbiamo vissuto. Questo libro ci fa entrare nella storia di questi ultimi due anni che ci ha improvvisamente fatto piombare in eventi che in settant’anni erano stati completamente assenti o molto lontani dal mondo occidentale, a cominciare dalla pandemia, che è stata talmente importante da ricondurci a quella di manzoniana memoria, per essere subito dopo scaraventati in una guerra dai toni a tratti catastrofici. Come si dice Donatella Lisciotto, ancora sentiamo il puzzo della morte da Covid e già ci assale la paura di una morte nucleare.
Con accuratezza questo scritto ci descrive le emozioni dell’autrice e anche di molti di noi: paura, incertezza, perplessità, stupore e angoscia.
Nel corso del racconto vibrante, che diventa il nostro per il suo impatto emotivo, osserviamo la complessità del problema e la nostra attuale difficoltà di comprendere quanto succede, sia rispetto al virus che rispetto ad una guerra che ci fa ripiombare in un passato che ci sembrava ormai definitivamente superato.
Ritorniamo a parlare perciò di morti, di mascherine, di chiusure all’altro, al mondo e poi, a proposito di guerra, di occupazione di Stati sovrani, di imperialismo dei nuovi zar, di contrapposizione di blocchi che pensavamo oramai superati definitivamente con la caduta del muro di Berlino.
Cosa succede alla mente dell’analista davanti a tutto questo? Cosa succede ai suoi pazienti?
Il merito di questo piccolo e prezioso libro è quello di porre quesiti intorno all’identità dell’analista. Sembra aprirsi uno spaccato tra due grandi categorie: da una parte, un tipo di psicoanalista chiuso nella sua stanza ad inseguire una religione di cui è vate nell’illusione che raggiungerà vette incomprensibili all’umano volgo e dall’altra si delinea la figura problematica, angosciata, ma viva e creativa, di uno psicoanalista portatore di un sapere permeato da quella umiltà di ferencziana memoria, unico strumento utile di fronte all’inconscio. È uno psicoanalista quello che si intravede nel lavoro di Donatella, capace di farsi toccare dalla realtà che lo circonda e che a sua volta influenza. È anche un clinico che ha gli strumenti per decodificare il mondo fuori di noi, pur accettando i limiti di questa operazione. Questo libro perciò ci incoraggia perché ci mostra la ricchezza del nostro modello di lavoro, ci rida speranza su “l’avvenire di un’illusione”, sempre che ci sforziamo di rinnovarla.
Un’altra peculiarità del libro su cui mi sembra importante soffermarsi è l’apertura ad una psicoanalisi attenta al sociale. Come sappiamo, nel corso della seconda guerra mondiale molti grandi psicoanalisti da Anna Freud a Winnicott si erano coinvolti a questo livello e sembra che anche oggi come Spi mostriamo attenzione a questo ambito.
Donatella fa parte del gruppo che si chiama PER, psicoanalisti europei per il rifugiati, e da quest’ottica così particolare ci permette di andare dentro questo nuovo evento: la presenza tra di noi di molti extracomunitari che chiedono asilo e che tra l’altro in Sicilia, terra di Donatella, spesso hanno il primo approdo. Vediamo in questo caso un uso della psicoanalisi che ha il coraggio di riproporre domande sull’etica e offre strumenti di comprensione creativa dell’esperienza.
Mi ha molto incuriosito un capitolo un po’ diverso dagli altri ma dal titolo molto pregnante “Marginalità e Contemporaneità”. Ci dice l’autrice, “I margini sono dovunque non ci sia comprensione e umanità. Storie come quella che ha vissuto Francesca (da lei descritta) durante il lockdown, sono storie di marginalità laddove si diventa invisibili al mondo nella misura in cui manca l’attenzione di un Sistema che collassa […] Mi chiedo […]: se da questa condizione d’ineluttabile marginalità […] non si debba ricavare qualcosa come faceva mia nonna scucendo i maglioni infeltriti per realizzare colorati golfini da giovanetta” (p. 37). Questo capitolo prosegue con un concetto molto interessante: “Ma se non c’è tempo per la rivoluzione, potremmo agire attraverso la semplicità…?”. È questo – conclude – il valore impalpabile che potrebbe permetterci un cambiamento? “Semplicità vs Impersonalità! Una sfida non da poco” (p. 38).
Ed è questa forse la ricchezza di questo libro che mostra il funzionamento della mente analitica con semplicità davanti a problematiche enormi su cui molti si sono inerpicati con paroloni e con teorizzazioni ardue, rivendicando il ruolo della semplicità e anche dell’andare all’essenza delle cose in modo profondo, dell’andare alla complessità della mente in modo diretto, recuperando la necessità “di stare nelle cose… sopravvivere alle offese” (p. 57), come Donatella scrive nel capitolo “Il tempo” citando Silvia Amati Sas. E con questo libro, con semplicità, profondità e ricchezza, Donatella ci sta, sta nelle cose e sta dentro di sé, nella sua mente e in quella dell’altro.
Un grande psicoanalista che ho seguito per qualche anno, Salomon Resnik, dopo averci parlato di un paziente ci chiedeva: “dove è collocata la mente del paziente? Nella testa, nell’ano, nello stomaco?”. Oggi potrei dire, per certi pazienti, certe coppie, in certe famiglie, che la mente dell’uno può essere collocata nell’altro. E questo è un grosso problema. Oggi osserviamo molti giovani la cui mente è collocata in alcune chat, in alcuni idoli che la società dell’immagine ci propina. È importante invece ritrovare se stessi e la propria mente dentro di sé per capire, come ci dice Donatella, qualcosa del mondo.
Anna Maria Nicolò